
Linea A della metropolitana, fermata Porta Furba. Poco distante si schiudono enormi fauci e si entrata nella borgata romana del Quadraro.
Linea A della metropolitana, fermata Porta Furba. Si scende sulla via Tuscolana e, a pochi passi, si trova il Quadraro. Enormi fauci si schiudono e conducono al quartiere.
Oltrepassato il RisucchiAttore di Mr. Thoms ci si ritrova in un piccolo paese. Case basse una difianco all’altra. Rosse, ocra, gialle e variopinte.

Poco distante, una scritta sul muro di una abitazione: “Quadraro ner core”. Una scritta che dice molto e che racchiude in sé il senso di appartenenza di chi ci abita. E perdendosi nelle vie dai nomi delle antiche genti – dei Corneli, dei Quintili, dei Pisoni – si respira proprio la consapevolezza di trovarsi in una borgata dalla spiccata identità in cui storia, resistenza e contemporaneità convivono pacificamente.
Noto ai più per il “rastrellamento del Quadraro” del 1944 – in cui numerosi abitanti vennero deportati in Germania e pochi fecero ritorno – lascia trasparire, ancora oggi, quella dignità di chi non si è piegato. Non si è piegato al fascismo – e, infatti, si diceva per che sfuggire ai nazisti ci dovesse rifugiare o in Vaticano o al Quadraro – e non si piega alla gentrificazione. Pochi palazzoni, anzi quasi nulla, ma tanta apertura degli abitanti e voglia di vivere.
I muri di case, palazzi, spazi commerciali sono diventati le tele perfette per le bombolette degli street artist più conosciuti che hanno deciso di parlare al presente del passato. Il “nido di vespe” di Lucamaleonte ne è, forse, la prova più eclatante: questo l’appellativo dispregiativo che i Tedeschi affibbiarono alla borgata perché abitata da popolazione non abbiente o da sfollati del fronte.

E davvero in pochi minuti, la storia, l’archeologia e l’imponenza dell’antica Roma si stagliano dinnanzi allo spettatore. Via dell’Acquedotto Felice è poco distante e termina proprio all’ingresso del Parco degli Acquedotti.