Ganlin-1

Un ex drone militare senza pilota è stato impiegato per favorire le piogge con un intervento artificiale, in modo da arginare le gravi conseguenze dell’inquinamento in Cina

In Cina l’inquinamento è un grave problema. A tal proposito il governo ha deciso di far decollare il Ganlin-1 (che tradotto vuol dire “dolce pioggia”), un ex drone militare senza pilota in grado di generare piogge artificiali nel paese, soprattutto nelle zone a nord ovest, lungo la catena dei monti Qilian. L’atto non ha trovato il pieno accordo della comunità internazionale, trattandosi di un intervento tecnologico che mette mano al clima in modo manuale.

Il mezzo

Il veicolo è stato lanciato data la sempre più preoccupante scarsità di acqua e di riserve ghiacciate. Si tratta di un drone di modello UAV (unmanned aerial vehicle), pilotato mediante un radiocomando con tecniche di intelligenza artificiale. È preparato a operazioni di rilevamento atmosferico e generazione di piogge artificiali mediante catalizzatori. In particolare, vengono iniettate piccole quantità di ioduro di argento nelle nuvole, favorendo la condensazione e dunque la precipitazione. Il drone è in grado volare fino a 14 ore in autonomia e senza complicazioni, ad un costo di manutenzione relativamente basso e pure in condizioni estreme, grazie ad un sistema anti-ghiaccio incorporato. Il volo inaugurativo, durato 40 minuti, è andato a buon fine ed il drone ora è pronto per iniziare il suo lavoro.

Le zone

La zona in cui il velivolo opera, soprattutto tra le province di Gansu e Qinghai, non è stata scelta a caso. Si tratta infatti di zone che contengono le più grandi riserve di ghiaccio, dopo il Polo Nord e il Polo Sud. Ghiaccio che però è sempre più minacciato dal surriscaldamento. Con temperature di questo tipo, e con nevicate sempre più rade, queste terre non dispongono di abbastanza accumulo di acqua nei ghiacciai, e i risultati naturali sono disastrosi. Scopo del Ganlin-1 è dunque proprio quello di ampliare la disponibilità di tale accumulo, tamponando il problema della siccità.


Il progetto è in fase di ampliamento. Entro il 2025 si punta infatti ad intervenire manualmente su un’area più estesa, di circa 5,5 milioni di Km2. Ma non mancano le controversie: Il vantaggio che otterrebbe la Cina da questa operazione massiva si potrebbe tradurre in un pericolo per altri Stati. Si temono ad esempio ripercussioni sui monsoni, che condizionano fortemente l’agricoltura in India. Staimo pur sempre parlando di un intervento manuale che potrebbe generare degli effetti collaterali preoccupanti.