
Chi non crede all’Oroscopo? Scene di corte e fede negli astri nella Ferrara del XV secolo.
Il palazzo deve il suo nome alla sua primaria vocazione “schivar la noia” per deliziare gli ospiti con attività ricreative e piacevoli tenendo fuori gli impegni di governo. Sorto nel 1385 per volere di Alberto V d’Este, il palazzo fu ampliato nei decenni successivi sotto la signoria di Borso d’Este (1450-1471) che gli conferì la forma attuale. L’edificio in particolare fu dotato di ampi appartamenti ducali e di un grande salone di rappresentanza chiamato dei Mesi affrescato nel 1469. Di enormi dimensioni l’ambiente presenta uno dei cicli di affreschi più importanti e intriganti del Rinascimento italiano.
Le pareti sono contraddistinte dalla presenza di dodici sezioni verticali, oggi ne sopravvivono solo sette, che corrispondono ai mesi dell’anno, suddivise a loro volta in tre sezioni orizzontali. Per la lettura di ciascun mese si procede in maniera verticale, la parte superiore raffigura il Trionfo della divinità pagana protettrice del mese raffigurato, nella fascia mediana il segno zodiacale e i rispettivi decani, infine, l’ultima è dedicata a scene di corte o eventi particolari raffigurati per esaltare Borso e il suo operato.
Il programma iconografico è molto complesso e attinge sia alla mitologia antica che all’astrologia araba e indiana conosciute all’epoca attraverso il manoscritto di un autore del IX secolo di Abū Ma’ šar tradotto in latino ed ebraico. In particolare ad affiancare il segno zodiacale compaiono immagini di esseri demoniaci chiamati decani che derivano addirittura dall’antico sapere egizio verso il quale l’Occidente cominciava a mostrare un forte interesse. Queste figure indicavano le costellazioni e avevano la funzione di far conoscere il destino dei nati sotto ciascun segno. Queste predizioni si svolgevano sotto la protezione della corrispondente divinità pagana (fascia superiore), mentre nella fascia inferiore lo svolgersi di della vita di corte era indiretta conferma dell’influenza che gli astri avevano sulla vita quotidiana e sul destino degli uomini.
In apparente contraddizione con gli insegnamenti del Cristianesimo questo ciclo mostra invece la complessità e la simultanea sopravvivenza di più credenze, alcune delle quali antichissime e molto lontane dal sapere occidentale alle quali ancora oggi non siamo insensibili. Al programma iconografico attese Pellegrino Prisciani, astrologo e bibliotecario di corte. Mentre le decorazioni furono affidate a Francesco del Cossa (parete est), ad un anonimo pittore noto con il soprannome di “Maestro dagli occhi spalancati”, al giovane Ercole de’ Roberti e a Gherardo di Andrea Fiorini da Vicenza.
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