Alimentazione, esercizio fisico e mentale, dipendenze: i consigli degli esperti da seguire fin da giovani

Il morbo di Alzheimer è una patologia conosciuta da più di un secolo e di cui si parla sempre di più, eppure – per certi versi – costituisce ancora un rompicapo per gli studiosi.

Si tratta della forma più comune di demenza degenerativa invalidante, provocata da un’alterazione profonda ed irreversibile delle funzioni cerebrali. Il suo sintomo più caratteristico è la difficoltà nel ricordare eventi recenti; poi, con l’avanzare dell’età, si possono presentare: difficoltà ad esprimersi attraverso la parola o la scrittura, disorientamento, cambiamenti repentini di umore, depressione, incapacità di prendersi cura di sé, problemi nel comportamento. A poco a poco, le capacità mentali basilari vengono compromesse.

Purtroppo i meccanismi alla base della malattia non sono ancora stati completamente individuati, seppure caratteristica comune a chi si ammala di Alzheimer sia la presenza nel tessuto cerebrale di placche amiloidi, e di fasci di fibre aggrovigliate, i viluppi neuro-fibrillari.

Ciò che si sa per certo è che una volta innescato il processo di decadimento non vi sono farmaci attualmente disponibili in grado di bloccarlo o invertirlo. La medicina, oggi può solo alleviarne i sintomi, per cui, ad oggi si tratta di una malattia non guaribile. È per questo che la scienza medica insiste sull’importanza della prevenzione, da mettere in atto sin da giovani. Prevenzione, che per ovvie ragioni, sarà incompleta fin quando non saranno individuate tutte le cause della malattia.

La demenza di Alzheimer oggi colpisce circa il 5% delle persone con più di 60 anni e in Italia si stimano oltre 700mila ammalati, destinati ad aumentare nei prossimi decenni per il progressivo invecchiamento della popolazione. Da più parti si parla di una patologia multifattoriale, in cui cooperano fattori genetici (anche se – sembra – in minima parte), ambientali, stili di vita.

Negli ultimi anni le ricerche si sono orientate anche verso l’individuazione di eventuali virus e batteri che potrebbero essere all’origine della malattia, ma i risultati necessitano di ulteriori studi.

PREVENZIONE

Se, come si è detto, l’Alzheimer non è – al momento – guaribile, sembra che molto si possa fare per prevenirlo.

Vediamo quali sono le strategie al momento più accreditate.

ALIMENTAZIONE: un’alimentazione sana – come per molte altre patologie – è alla base della strategia preventiva.

Fra i regimi alimentari più interessanti per prevenire l’alzheimer – oltre alla ben nota dieta mediterranea – c’è la cosiddetta dieta “Mind”, messa a punto dai ricercatori del Rush University Medical Center di Chicago.

Cosa mangiare: almeno 6 porzioni a settimana di spinaci, broccoli, cavoli ed altre verdure a foglia verde e vegetali in genere; noci, mandorle, nocciole, pistacchi, etc. almeno cinque volte a settimana; bacche, come i mirtilli, almeno due volte a settimana; fragole; legumi, tre volte a settimana; cereali integrali, almeno tre porzioni al giorno; pesce, almeno una volta alla settimana; pollame, due o più porzioni a settimana; olio d’oliva: in particolare i ricercatori hanno scoperto che le persone che utilizzano principalmente l’olio d’oliva per cucinare e come condimento presentano una maggiore protezione contro il declino cognitivo.

Alimenti da da evitare e dosi massime per la dieta “Mind”: burro e margarina, non superare 1 cucchiaio (circa 14 grammi) di questi grassi al giorno, provando a sostituirli con l’olio di oliva;

formaggi, assunti meno di una volta alla settimana; non più di tre porzioni a settimana di carni bovine, suine, agnello e prodotti derivati; la dieta Mind, inoltre, scoraggia il consumo di cibi fritti, specialmente quelli da fast-food; pasticcini e dolci: tra quelli da evitare (o comunque da consumare massimo 4 volte a settimana e preferibilmente di origine non industriale) sono compresi gelati, biscotti, merendine, ciambelle, ghiaccioli e altro ancora.

ESERCIZIO FISICO

L’attività fisica ha un effetto estremamente benefico sulla plasticità neuronale: un’importamte ricerca internazionale, già 10 anni fa, ha scoperto che nell’ippocampo due ore dopo l’esercizio fisico la concentrazione del Bdnf (una proteina neuronale con proprietà protettive) aumenta di 3-5 volte.

L’attività fisica aerobica (un’ora di passeggiata veloce al giorno) aiuta la salute del cervello perché riduce l’infiammazione sistemica e cerebrale, riduce i fattori di rischio vascolari, aiuta a ossigenare di più le cellule nervose.

FATTORI DI RISCHIO

Una buona prevenzione passa anche dal controllo dei fattori di rischio.

Importante è controllare la pressione del sangue regolarmente, curando l’ipertensione; tenere sotto controllo il diabete e le patologie cardiovascolari; tenersi lontani dalle dipendenze, quali uso di droghe, marijuana compresa, alcol e tabagismo; tenere in allenamento il cervello. Il migliore strumento per farlo, secondo gli esperti, è imparare un’attività nuova: un ballo, uno sport, suonare uno strumento. Meglio se l’attività fisica si accompagna a un obiettivo di miglioramento esecutivo.