
Mollo tutto e faccio la ceramista: perché? Ecco Rossana, un’altra donna che ha scelto di essere felice
In fondo basta poco per svegliarsi felice, basta fare il “proprio mestiere”, che sia l’ingegnere, la parrucchiera, il medico, la sarta, il gelataio o…la ceramista.
Quante volte quella tensione pre-sonno manda in fermento idee e ragione che, al risveglio, non corrispondono affatto con la realtà; e quante volte la necessità è andare alla ricerca del progetto che appaghi e del cuore che batta. Rossana Brambilla ha dovuto fare i conti con i propri sogni, fin quando hanno preso il sopravvento e non le hanno lasciato scampo.
“Quando frequentavo la scuola elementare desideravo diventare pittrice. Alla scuola media pure. Poi sono maturata e negli anni del liceo desideravo diventare… pittrice. Ho sempre dipinto, disegnato, scritto. Ricordo la mia cameretta di quand’ero ragazza: diari, poesie, album da disegno. Le prime tele fatte di vecchie lenzuola un po’ lise. Ricordo la scatola di matite colorate e la cassetta di colori a olio per il mio diciottesimo compleanno. Ero sempre affaccendata e intanto ascoltavo i dischi in vinile di papà, che erano già allora un po’ vintage”.
Lavorare l’argilla, quella che Rossana chiama terra, è qualcosa che ha preso il via una quindicina di anni fa. Le due dimensioni dei quadri le stavano un po’ strette, cercava modi per uscire dalla tela, applicare cartoni, paraspigoli, pezzi di polistirolo, e qualunque altra cosa potesse permetterle di intervenire anche dopo aver completato il quadro.
Ceramista per passione e per mestiere
“Poi per una serie di combinazioni fortunate, riuscii ad iscrivermi al mio primo corso di ceramica, dieci anni fa. Per molti anni avevo lavorato anche al sabato; il nuovo impiego di allora mi lasciava libera il fine settimana, quindi immediatamente cominciai. Covavo quel desiderio da quando, a dodici anni, il professore di arte della scuola media ci aveva fatto realizzare tre vasetti in maiolica che i miei genitori ancora conservano su una mensola in cucina”.
La ceramica, un vero e proprio colpo di fulmine, diventare ceramista, la più naturale delle conseguenze.
“Credo fossi sposata da pochi mesi quando mio marito mi disse che quella parte di veranda al pianterreno adibita a taverna l’avremmo potuta far diventare un laboratorio. E non passò molto tempo prima che mi spingesse ad acquistare un forno. Devo riconoscere che il contributo di mio marito è stato determinante, da quei primi suoi gesti all’incoraggiamento che mi ha portato a decidere di lasciare il lavoro che mi soffocava portandomi così a dare libertà di sfogo a tutta la pratica che avevo fatto, realizzando qualcosa di concreto”.
Il 2020 è stato un anno terribile, il lavoro ne ha risentito molto, corsi sospesi, ed un tempo inatteso per sperimentare, affinare tecniche nuove e scoprirne di altre.
“Il ceramista non smette mai di imparare, c’è un intero mondo da esplorare ancora ed è bellissimo farlo con entusiasmo inesauribile”.
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