
Nel 2016, a 26 anni, è partita per un viaggio in barca a vela attorno al mondo portando con sé solo un piccolo bagaglio
“Ho viaggiato per un anno, 17.000 miglia, attraverso Oceano Atlantico, Pacifico e parte dell’Indiano. Sono partita da Cartagena, in Spagna, e sono sbarcata un anno dopo a Bali, in Indonesia. In mezzo Gibilterra, Le Canarie, Capo Verde, I Caraibi, Panama, Le Galapagos, La Polinesia Francese, Le Isole Cook, Le Tonga, Vanuatu, Nuova Caledonia, Papua Nuova Guinea…” – racconta entusiasta Erica che oggi vive sulle Dolomiti, dove è nata, di professione è accompagnatrice di media montagna, interprete, marketing manager, scrive e ha anche iniziato a scalare (“L’esperienza più bella mai fatta? La scalata della Cima Grande di Lavaredo“).
La sua è una di quelle avventure con la A maiuscola, di quelle che non si dimenticano.
Il suo viaggio, raccontato nelle 186 pagine di “Un anno in Barcastop” edito da AlpineStudio (in vendita a 16 €), è lontano dall’essere un diario di bordo ma piuttosto un concentrato di aneddoti e consigli, a tratti ironico e decisamente piacevole da leggere.
“Ho pensato di mettere nero su bianco questa mia esperienza perché durante il viaggio sono stata contattata da diverse persone: futuri barcastoppisti, amici o amici di amici che erano venuti a sapere della mia partenza e volevano informazioni pratiche per iniziare a progettare qualcosa di simile – spiega Erica – Il libro è una sorta di manuale da barcastoppista che affronta diverse tematiche del viaggio per capitoli: la vita a bordo, come si trova un imbarco, i capitani, la dieta, come preparare la sacca per la partenza e così via. Diciamo che il racconto risponde, o cerca di farlo, alle domande di chi volesse partire o fosse relativamente incuriosito da questo modo di viaggiare. Sfata alcuni miti come quello del barcastoppista regatante campione di vela, quello del viaggio per ritrovare se stessi o quello della necessità di molti soldi per compiere un’esperienza simile”.
C’è qualche aneddoto che ricordi più volentieri? “A dire il vero ce ne sono tanti! Uno di quelli a cui penso più spesso ultimamente è l’esperienza vissuta sull’atollo di Maupihaa a ovest della Polinesia Francese. Ero a bordo di un First Beneteau 51, in equipaggio c’erano due francesi, una danese e un brasiliano, data ancora in quell’atollo al centro del Pacifico, lontano dal mondo, siamo scesi a terra con il tender. Lì abbiamo conosciuto i 15 abitanti dell’isola, tra cui una ragazza milanese che si era innamorata di un polinesiano e aveva deciso di trasferirsi a Maupihaa – prosegue Erica – Non c’era segnale, gli abitanti disponevano di un unico telefono satellitare per chiamare i soccorsi in caso di emergenza, le tre famiglie vivevano della raccolta di noci di cocco, pescavano con il fucile e arpionavano granchi giganti da arrostire sul fuoco. Sono le persone con la maggior consapevolezza di sé e del mondo che io abbia mai conosciuto. Una sera una delle signore che ci ospitava a cena ha acceso una vecchia radiolina sulla sabbia, ne sono uscite le note di Lasciatemi Cantare di Toto Cutugno. A Maupihaa, in mezzo al Pacifico, lontano da tutto e da tutti…”
Il libro di Erica, vincitore fra l’altro nella sezione “Esplorazione – Viaggi” alla 37^ edizione del Premio Gambrinus Giuseppe Mazzotti, racconta di poche ore di sonno ma di innumerevoli tramonti sull’oceano e di uno stile di vita che riporta all’essenziale. Dal suo viaggio in barcastop, l’autostop del mare che si fa ottenendo dei passaggi in cambio di aiuto a bordo, Erica torna dopo un anno guardando la quotidianità con occhi nuovi convinta che “i veri eroi non siano quelli che mollano tutto per partire ma quelli che vivono ogni giorno assaporando quello che per loro è essenziale”.