
Cinquemila chilometri alla scoperta dei paesaggi argentini con deserti, vulcani innevati e pascoli di vigogne. Ecco l’emozionante viaggio in solitaria fatto alcuni anni fa da Carolina e Maurizio, due appassionati offroaders alla guida di un Suzuki Grand Vitara.
E’ un’antica mappa veneziana del 1536 a riportare per la prima volta nella storia geografica il nome Argentina, legato alla leggendaria Sierra de la Plata e al tesoro che le popolazioni indigene donarono ai sopravvissuti di un naufragio guidati dallo sfortunato esploratore spagnolo Juan Diaz de Solis. Come si dice…il destino. Proprio dalla bella città lagunare italiana non poteva che partire il raid in solitaria, rigorosamente in offroad, che qualche anno fa ha accompagnato Maurizio Maschio & Carolina Kunz, veneziano doc lui e argentina di Cordoba lei, alla scoperta di uno dei più suggestivi angoli di questa terra del sud America: il nord ovest andino.
Un territorio che abbraccia le provincie di Salta, Jujuy, Tucuman e Catamarca, dove le testimonianze artistiche e storiche dell’epoca precolombiana si mescolano con quelle coloniali. Ma non solo. Per gli amanti della natura più selvaggia e estrema questo è un vero paradiso: vulcani dalle nevi perenni, immensi salar, deserti aridi e foreste di cactus sono perfetto habitat per fenicotteri e guanacos. Una regione ricca di antiche tradizioni che affondano le radici nell’eredità indigena affiancata da riti cattolici dove la popolazione, riservata me sempre ospitale, è variegata quanto il territorio stesso.
L’idea di un viaggio (il loro 4° in Argentina) per attraversarne in fuoristrada i circuiti meno turistici, fra cui tre valichi andini sui 4500 metri, era da tempo fra i progetti di Maurizio e Carolina. D’altronde come dar loro torto! Con base di partenza da Cordoba, alla guida di un Suzuki Grand Vitara – 2.0 cc, motore 4 cilindri Mazda, pneumatici A/T Geolander 235/60 R16 equipaggiata solo di taniche supplementari per il gasolio, strop e compressore -, hanno percorso quasi 5 mila km, di cui 1300 in off road, arrampicandosi fin sulla cordigliera delle Ande. Lassù dove osano solo i condor….
“A bordo del Suzuki abbiamo attraversato la regione della Rioja con gli agglomerati urbani che lasciano spazio ai primi villaggi di gauchos, i famosi mandriani di queste terre assolate dove si respirano ancora le tradizioni di un tempo. Le osterie lungo le strade dove gli argentini che percorrono lunghi tragitti a cavallo usano fermarsi per il pranzo sono le migliori per assaporare alcune delle tipiche specialità gastronomiche fra cui l’asado di cabrito, il capretto arrosto. Poi si riparte per un percorso misto di asfalto e sterrato che costeggia il Parco de Ischigualasto, nome di origine quechua che significa “luogo dove tramonta la luna”, sulle cui rocce si possono intravedere i segni di tutte le ere geologiche degli ultimi 250 milioni di anni” – raccontano entusiasti Carolina e Maurizio.
Talampaya, parco nazionale dai rilievi modellati da vento, pioggia e acqua di torrenti, sembra lo scenario di un film con John Wayne: rocce scolpite, pinnacoli dalle forme più bizzarre, pareti giallo ocra e in lontananza le cime innevate della Sierra di Famatina. “Ci mancava solo l’imboscata degli Apache! – commenta ridendo Maurizio – Lasciata Villa Union ci siamo diretti a nord verso Vinchina, raggiungibile sulla parallela lungo le sponde del fiume omonimo: fra sterrati misto veloci, piccole dune e rovi il nostro 4×4 si è mostrato perfettamente a suo agio nonostante i terreni più impervi. Cartina Michelin 762 alla mano, l’indomani siamo partiti per il primo primo passo andino che ci ha attesi con salite ripide sino alla riserva nazionale Las Vicunas, difficile da raggiungere soprattutto quando gli acquazzoni estivi rendono la pista impraticabile anche ai veicoli fuoristrada”.
Dopo la dogana argentina a Flores è iniziata la seconda attraversata delle Ande attraverso il “paso” che porta a 4779 metri: lo scenario offerto lascia senza parole anche per via della strada a strapiombo e di alcune discese vertiginose. “Nelle salite più impegnative il Suzuki ha arrancato con qualche difficoltà probabilmente per la rarefazione dell’aria in quota – concludono marito e moglie – Anche la scalata alla Laguna Verde la ricordiamo bene: abbandonata una pista tracciata per una scorciatoia, siamo rimasti bloccati con il Grand Vitara in un twist dopo un passaggio offroad tanto che per liberarlo dal terreno insidioso ci è stato indispensabile l’aiuto di due cileni e un americano passati proprio da quelle parti su un pick up per raggiungere una miniera. Quasi all’improvviso poi ci è apparsa la Laguna Verde con il turchese delle sue acque salate circondate da montagne color ocra e cime innevate in lontananza. Di fronte l’imponente vulcano Ojos de Salado (6891 mt.), seconda cima più alta dell’Argentina dopo l’Aconcagua”.
Prossima destinazione?