Nicola Lo Re, Africando
Nicola Lo Re con il suo Land Rover in Africa (Fonte Lo Re)

Dai viaggi in moto ai grandi raid in terra d’Africa su camion e Land Rover: maturità classica in tasca, Nicola Lo Re è stato un grande viaggiatore. Scomparso nel 2018, lo ricordiamo attraverso le pagine del suo libro ricco di aneddoti e storie sul continente nero

Il suo “taccuino di viaggi africani”, come amava definirlo, è uno dei più bei libri scritti sulle rotte dell’Africa e dei suoi deserti. Un’avvincente panoramica di raid spesso affrontati in solitaria alla guida di vecchi camion militari o Land Rover e solo talvolta accompagnati da personaggi, descritti sempre con tratti caratteriali a dir poco arguti, incontrati quasi per caso lungo gli itinerari percorsi.

Narrato con un susseguirsi di emozioni che ne fanno una preziosa raccolta di osservazioni per viaggiatori romantici, quello di Nicola Lo Re è un libro che ne rivela le eccellenti doti descrittive tanto da far leggere tutto d’un fiato le sue oltre duecento pagine.

Nato a Martina Franca, in Puglia, nel Settembre 1936, Nicola iniziò a viaggiare da giovane prima in moto e poi dietro al volante di Hanomag e OM ACL51 motorizzati Leoncino e Tigrotto. Il suo “vagabondare” lo ha accompagnato in terra d’Africa (oltre che in Medio Oriente ) con una Land Rover 110 equipaggiata per affrontare i grandi raid sino ai più recenti TD4 e TD5 con cellula Modulidea.

“Ho avuto la fortuna di viaggiare quando non era follia attraversare l’Algeria, spingersi nel grande Sahara fino al deserto del Ténéré in Niger o avventurarsi nell’Africa dal golfo di Guinea al Sudan – ci aveva raccontato Nicola – e ancora quando si poteva andare tranquillamente in Mali sulla Route de l’Espoir senza il rischio di trasformare il senso vagamente romantico di questa strada nella speranza di non incorrere in incontri incresciosi. Avevo 15 anni quando un film di avventura (n.d.r. Gunga Din) permeato dagli entusiasmi di epopee coloniali vissute come trionfo e con soldati legionari sopravvissuti nel deserto a attacchi beduini infiammarono la mia fantasia spingendomi a conoscere la parte d’Africa che mi era più congeniale, sempre con i libri da me preferiti scritti dai grandi viaggiatori antichi e moderni. A vent’anni iniziai a frequentare il mondo conoscendo luoghi e gente, culture e umanità, povertà e sorrisi in sintonia con il mio stile di viaggio e interessi nella costante attrazione per la grandiosità naturale dei paesaggi”.

Africando, manuale per appassionati d’avventura (edito da Nuova Editrice Apulia), Nicola lo aveva scritto con il cuore: “A dire la verità ho spesso ricacciato l’idea di annotare da qualche parte ricordi del mio passato da viaggiatore. M’imponevo di lasciar perdere ma alla fine ho ceduto mettendo in ordine qualche ricordo fra i tanti annotati”.

Attratto da marketing e pubblicità, settore in cui lavorò per una trentina d’anni approdando alla Moulinex nel ruolo di direttore commerciale (sue sono state le progettazioni industriali di famosi prodotti brevettati come Gratì e Passì), la sua vera vocazione è però sempre stata quella di viaggiatore a cui ha potuto dedicarsi completamente negli anni della maturità.

“Tante volte nei miei viaggi le parole non sono servite. Come quel giorno poco prima di Djanet, in Algeria, dove mi ero fermato stendendo sulla sabbia la mia carta Michelin. L’anziano tuareg che avevo di fronte non capiva cosa fosse quella stampa colorata e stentava anche a comprendere il mio problema: avevo pronunciato diverse volte il nome del villaggio con accenti diversi fino a quando lui comprese. Immaginavo la direzione di Djanet ma in quel punto le tracce sulla pista si aprivano a ventaglio. Lui tracciò dei segni sulla sabbia più chiari di una carta geografica e mi indicò un masso vicino alla sua capanna. Capii che sarebbe arrivato il the del benvenuto. Ricordo ancora il suo sorriso….” – amava ricordare Nicola.

Aneddoti di viaggio in un libro di vita che rivela la profonda passione per il deserto descritto con una sensibilità difficile da trovare al giorno d’oggi. Dalle avventure giovanili con i figli Antonio e Paolo (a cui non poteva che andare una dedica d’amore in apertura di libro) girovagando fra Algeria, Libia e Anatolia ai viaggi degli ultimi vent’anni lungo altre rotte africane, a volte vissuti con qualche disavventura ma sempre con entusiasmo e sottile ironia.